Nexsound – experimental, ambient, noise, improv record label

Review

the Vibes

Andrey Kiritchenko – True Delusion

Quando Karl Jaspers parlò per la prima volta della “delusione” nel suo saggio Psicopatologia Generale, operva una distinzione fra le delusioni primarie e quelle secondarie. Le prime (note anche come true delusions) sono contraddistine da una radicale trasformazione di senso -direbbe qualcuno-, cosicchè il mondo o aspetti di esso vengono interpretati in maniera totalmente differenti dal soggetto deluso, in base ad un processo che a molti può apparire causato da fattori psicopatologici. Jaspers individuò quattro tipi di true delusions: quella legata all’intuizione (in cui la causa scatenante non è esogena, ma dipende in gran parte dai cosiddetti “blue states” ovvero degli stati di melanconia), quella percettiva (in cui la percezione “normale” ingenera “delusione” nel soggetto), quella “atmosferica” (in cui un qualche fenomeno esterno fa percepire il mondo in maniera alterato, quasi che fosse investito da una rivelazione portentosa o sinistra, capace sensazioni o percezioni ritenute prodromiche) e infine quella legata alla memoria. La classificazione richiamata, nonostante sia stata criticata sotto vari profili, sembra essere ripercorsa da questo disco di Andrey Kiritchenko, notorio sperimentalista ucraino, fondatore della Nexsound, eccellente etichetta che sta contribuendo alla fama della già apprezzata scena elettronica ucraina e ad accreditarla come tra le più interessanti dell’Europa Orientale. E in questo disco tra qualche spiegazzatura minimalista e molte inflessioni strutturaliste che Andrey sembra che -quasi inconsapevolmente- abbia voluto impressionare un viaggio intimista. Del torpore mnestico che avrebbe tirato fuori Jaspers o meglio i suoi seguaci c’è ben poco, visto che Andrey sembra trovare perfetta collocazione del suo vissuto (percettivo) nella musica che sembra dimenarsi nel groviglio di rumori d’ambiente e glitcherie pregevoli. Come ammette lo stesso Kiritchenko, il progetto era nata con l’intento di esplorare gli overtones armonici per tramite di una chitarra acustica (“l’unico strumento che suono più o meno bene” ricorda Andrey), ma pian piano una qualche impellenza ha visto l’intromissione del pianoforte (“perchè amo ciò che Charlemagne Palestine fa con questo strumento” ha dichiarato di recente in un’intervista). Il processing in altre parole sembra (stranamente) messo in secondo piano, anche se riteniamo che le field recordings rimangano ancora il nucleo dello stile di questo musicista. La con/fusione degli strumenti con i suoni reali sussegue nella ricerca espressiva di questo genere di sperimentazioni, per cui non meravigliatevi se qualcuno avrà la parvenza di essere calato in un’ambientazione surreale in cui gli strumenti più convenzionali (nella fattispecie piano e chiatarra) sembrano gradualmente impolpettarsi con ogni oggetto fonte di onde sonore percepibili da orecchio umano. Ed è proprio in questa “surrettizia surrealtà” che va individuata la fonte di quella “true delusion” a cui Andrey allude nel titolo di questo album, che viene pubblicato anche dalla giapponese Spekk in confezione di cartone riciclato.